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Vocabolario Medico

Anastomosi

Comunicazione tra due o più elementi anatomici vascolari o nervosi (arterie, vene, vasi linfatici, nervi ecc.), che può essere diretta o può attuarsi attraverso formazioni collaterali. Le anastomosi naturali, a livello dei vasi sanguigni, permettono un facile ripristino della circolazione in caso di ostruzione di un'arteria o di una vena; più complesso è il significato delle anastomosi tra arterie e vene che possono verificarsi in numerosi organi: si tratta di veri e propri cortocircuiti che contribuiscono alla regolazione locale dell'afflusso ematico. Le anastomosi artificiali, dette anche by-pass, sono realizzate mediante interventi chirurgici quando occorre mettere in rapporto organi cavi, vasi, tratti del tubo digerente o dell'apparato urinario, per ristabilire il flusso del loro contenuto, interrotto da cause patologiche, oppure, nel caso di nervi, tendini, per ristabilire la continuità funzionale. Le anastomosi chirurgiche, che si indicano con il nome dei due organi messi in comunicazione, si eseguono secondo quattro modalità: termino-laterale, quando l'estremo di sezione di un organo viene suturato alla superficie laterale dell'altro; termino-terminale, fra gli estremi delle superfici di sezione di due organi; latero-terminale, tra la superficie laterale dell'organo prossimale e la superficie di sezione di quello distale; latero-laterale fra le superfici laterali di due organi.

Aneurisma

Dilatazione della parete di un'arteria: la localizzazione più importante è a carico dell'aorta (aneurismi aortici). Qui, a seconda della porzione colpita, si individuano cause diverse: in assoluto l'arteriosclerosi è la più frequente; fino a poco tempo fa l'aortite sifilitica era responsabile del maggior numero dei casi localizzati al tratto ascendente e all'arco; a livello dell'istmo dell'aorta la patologia traumatica è ancor oggi la più rilevante. Gli aneurismi aortici manifestano sintomi diversi a seconda della loro localizzazione: raucedine, tosse, difficoltà di respiro o di deglutizione; dolore dietro lo sterno o alla schiena caratterizza gli aneurismi toracici; le localizzazioni addominali sono di solito asintomatiche fino a che non raggiungono dimensioni tali da dare sintomi da compressione degli organi circostanti. Gli aneurismi sono in genere facilmente riconoscibili alle comuni indagini radiologiche (radiografie dirette o con mezzo di contrasto, TAC, ecografia, risonanza magnetica nucleare). La terapia è chirurgica: va precisato che la rottura di un aneurisma costituisce sempre una condizione d'emergenza che ha nell'intervento chirurgico d'urgenza l'unica possibilità di cura. Non tutti gli aneurismi aortici trovano però indicazione immediata all''intervento: per l''aneurisma aortico sottorenale è indicato il semplice monitoraggio ecografico semestrale se le dimensioni non superano i 5 cm di diametro. Una categoria particolarmente delicata è quella degli aneurismi cerebrali, la cui rottura porta all''emorragia subaracnoidea.

Apoplessia

(o colpo apoplettico, o ictus cerebrale), improvvisa perdita di coscienza e delle funzioni cerebrali superiori, a causa della rottura di un vaso sanguigno cerebrale con conseguente emorragia o di un infarto cerebrale. La sua gravità dipende dall'entità dell'emorragia o dell'infarto e dalla regione del cervello colpita. Il soggetto colpito da apoplessìa stramazza improvvisamente al suolo privo di coscienza; presenta inoltre respirazione profonda, polso irregolare e viso congestionato. Nelle forme più gravi la morte sopraggiunge dopo qualche ora o qualche giorno; quelle medie comportano emiparesi e possono compromettere le facoltà intellettive; in quelle lievi, il miglioramento può essere quasi immediato e il ripristino funzionale pressoché completo. In caso di apoplessìa bisogna distendere il paziente, immediatamente dopo l'attacco, in ambiente aerato, con il capo e le spalle un poco rialzati; altri provvedimenti devono essere decisi dal medico caso per caso. Con il termine apoplessìa si intende anche l'infarcimento emorragico di un organo con necrosi del tessuto.

Arteria Femorale

Vaso sanguifero che deriva dall'arteria iliaca esterna e irrora con i suoi rami parte dell'addome (arteria epigastrica superficiale), i genitali esterni (arterie pudende esterne), i muscoli della coscia (arteria femorale profonda) e continua poi nell'arteria poplitea. L'arteria femorale si suddivide in femorale superficiale e femorale profonda.

Arterite

Termine generico con cui si indicano le lesioni arteriose di origine infiammatoria. Nella maggior parte dei casi rientrano nell'ambito di processi patologici di tipo immunitario e vengono meglio definite come vasculiti.

Carotide

arteria che presiede all'irrorazione del collo e della testa. Le caròtidi sono due: la caròtide comune sinistra, che si origina dall'arco aortico, e la caròtide comune destra, che sorge dall'arteria anonima. Le due caròtidi risalgono il collo, addossandosi alla vena giugulare interna e al nervo vago (con cui formano il cosiddetto fascio neurovascolare del collo), biforcandosi poi all'altezza della cartilagine tiroidea nella caròtide esterna e nella caròtide interna, che penetrano nel capo, distribuendosi in rami collaterali e terminali. La caròtide esterna provvede essenzialmente all'irrorazione della parete superiore del collo e della faccia, terminando nella ghiandola parotide; la caròtide interna attraversa prima il canale carotideo dell'osso temporale e poi, con un tratto flessuoso (sifone carotideo), il seno cavernoso della dura madre, vascolarizzando gran parte del cervello e dell'occhio.

Flebite

Processo infiammatorio, acuto o cronico, che interessa un vaso venoso o parte di esso. Poiché la flebite spesso si accompagna a un processo trombotico più o meno imponente, si parla allora più frequentemente di flebotrombosi o di tromboflebite, a seconda che l'evento che si verifica per primo sia l'infiammazione o la trombosi. Nel caso di interessamento delle arterie polmonari (che sono definite arterie in quanto si allontanano dal cuore, ma trasportano sangue venoso) si parla di malattia tromboembolica. Fattori predisponenti e cause possono essere l'accelerazione del tempo di coagulazione, l'aumento delle piastrine, il rallentamento del circolo periferico, eventuali lesioni delle pareti venose, malattie infettive, gravidanze, parti, operazioni chirurgiche ginecologiche o interventi per tumori prostatici, per cancro del retto ecc. La flebite colpisce più frequentemente le vene degli arti inferiori, la vena cava inferiore, le vene pelviche e i seni venosi della dura madre. Si hanno talora flebiti migranti successivamente in vari distretti venosi. È talora possibile palpare la vena come un cordone duro, dolente, arrossato e caldo, ma la sintomatologia all''esordio può essere aspecifica: è dunque necessario tenere sempre presente la possibilità di una complicazione tromboflebitica in quelle situazioni cliniche che ne costituiscono fattore favorente. Nel caso in cui la vena colpita vada incontro a trombosi, sono presenti dolore, prima sordo poi urente, proveniente dalla zona interessata, con progressiva impotenza funzionale dell'arto colpito e febbre; se il quadro non viene prontamente risolto, si verifica la classica trasformazione dell''arto che appare gonfio per edema, ricoperto da cute arrossata, calda, lucida e dolente. Non rara la linfoadenopatia satellite. Riposo, impacchi caldo-umidi, farmaci antiinfiammatori e anticoagulanti costituiscono i cardini della terapia, con particolare attenzione alla prevenzione della più temibile tra le complicanze: la tromboembolia polmonare. Altre complicanze possono essere la trombosi venosa locale e possibili escare e gangrene dell'arto per partecipazione arteritica.

Ictus cerebrale

Sinonimo di apoplessia.

Ischemia

Diminuzione o soppressione del flusso di sangue in un determinato distretto corporeo, che provoca uno stato di sofferenza nei tessuti non più sufficientemente irrorati in rapporto alle loro esigenze metaboliche, fino alla compromissione degli organi coinvolti (per esempio, infarto). La causa immediata è sempre un restringimento o un'occlusione del lume delle arterie, prodotto da contrazione della parete muscolare, da compressione dall'esterno, diretta o indiretta (tumori, cicatrici, legature ecc.), da ispessimento della parete arteriosa (arteriosclerosi, tumori, processi infiammatori e degenerativi), da ostruzione del lume vasale (trombi, emboli, parassiti). Un'ischemìa transitoria può verificarsi, senza modificazioni del lume dei vasi afferenti, per l'improvviso richiamo di una grande quantità di sangue in un altro distretto vasale, vicino o lontano; così si spiegano le ischemìe cerebrali in seguito all'improvviso afflusso di sangue nei vasi della cute durante un bagno molto caldo. I danni provocati dall'ischemìa sono in rapporto alla sua entità e al vaso colpito, alla durata, alle esigenze del tessuto ischemizzato (miocardio e tessuto nervoso sopportano un'ipossia di brevissima durata) e allo stato precedente del tessuto interessato. Esempi di ischemìa temporanea sono il formicolio degli arti se mantenuti in posizioni coatte, la vasocostrizione da freddo, la claudicatio intermittens (zoppicamento intermittente) in corso di arteriopatia obliterante degli arti inferiori, l'angina pectoris, l''angina abdominis e la malattia di Raynaud. Tra le ischemìe permanenti gli infarti sono le evenienze più gravi (infarto miocardico, cerebrale, polmonare, intestinale ecc.).

Trombosi

Formazione di trombi nella cavità cardiaca o nei vasi sanguigni, con riduzione od ostruzione del lume del vaso. I sintomi e le conseguenze della trombosi possono essere molto gravi, in dipendenza dalla sede e dall'evoluzione del trombo.

Tromboflebite

Infiammazione della parete di un vaso venoso, seguita dalla formazione di un trombo. Fattori causali e predisponenti possono essere costituiti da: aumento della coagulabilità del sangue o del numero delle piastrine; diminuzione della velocità di circolazione del sangue periferico; lesioni delle pareti venose; malattie infettive; gravidanza e parto; interventi chirurgici; traumi; stati tossici e cachettici. Le sedi più frequenti sono le vene degli arti inferiori, la vena cava inferiore, le vene pelviche, la vena porta, i seni della dura madre; spesso si osservano tromboflebiti migranti successivamente in vari distretti. La tromboflebite degli arti inferiori si manifesta con dolore, che inizialmente è sordo e poi diventa bruciante, febbricola, edema, aumento della temperatura e notevole arrossamento della cute soprastante alla vena, che alla palpazione si presenta come un cordone duro, interessamento delle linfoghiandole regionali; sono facili le embolie polmonari. Viene trattata con eparina e antibiotici. La tromboflebite portale rappresenta una frequente complicazione di flogosi addominali (colecistiti, appendiciti, annessiti, ascesso epatico ecc.). Si manifesta con febbre, dolori, vomito, diarrea, aumento di volume del fegato e della milza e ittero; la prognosi è grave; si cura con farmaci antibiotici. La tromboflebite dei seni endocranici (longitudinali superiore, cavernoso, laterale) può insorgere a seguito di processi settici auricolari e facciali o per via embolica a seguito di flebiti pelviche attraverso anastomosi con il sistema venoso vertebrale; si manifesta con febbre settica, cefalea, vomito, obnubilamento della coscienza, convulsioni, coma.

Varici degli arti inferiori

Dilatazioni permanenti, con lesioni delle pareti, delle vene della coscia e della gamba. Nelle varici essenziali, accanto a un fattore predisponente ereditario sono da segnalare fattori favorevoli, quali gravidanza e obesità, intossicazione cronica (alcol, piombo, tabacco), dismetabolismi (diabete, gotta), alterazioni ormonali conseguenti alla menopausa. Le varici secondarie sono frequenti come complicazione di tromboflebiti o per compressione delle vene da parte di tumori. La sintomatologia consiste in senso di peso e tensione alle gambe, torpore e stancabilità, parestesie e sintomi generali, quali cefalea, vertigini e instabilità dell'equilibrio. Questi sintomi sono aggravati dalla stazione eretta, dal caldo, dall'iperlavoro e dall'abuso di tranquillanti e ansiolitici. Le vene dilatate sono riconoscibili come formazioni nodose e molli, che poi diventano tumefazioni bluastre e indolori. Le complicazioni, spesso frequenti, delle varici degli arti inferiori sono rottura, infezione e trombosi, edemi, alterazioni trofiche cutanee fino alle ulcere. La terapia è conservativa, basata sull'esercizio muscolare, l'uso di calze e bendaggi elastici e il riposo in posizione declive; medica, con sostanze sclerosanti; chirurgica, con stripping o safenectomia.

Vasculiti

Processi infiammatori dei vasi sanguigni. Ne esistono diverse forme: in alcune sono interessati quasi esclusivamente i vasi, altre sono associate a malattie sistemiche. La causa è spesso sconosciuta, anche se attualmente si ritiene che la quasi totalità delle forme sia dovuta a un meccanismo di tipo autoimmune (vedi autoimmunopatie). Sembra avere un ruolo fondamentale la deposizione nella parete dei vasi di immunocomplessi (complessi antigene-anticorpo), capaci di attirare la cascata del complemento, responsabile a sua volta dello scatenamento di tutta una serie di reazioni di tipo infiammatorio, responsabili del danno vascolare. Se non trattate, le vasculiti possono essere anche molto gravi. Si manifestano con sintomi diversi in relazione ai vasi interessati. Molto frequente è il coinvolgimento della cute, del rene e delle articolazioni. La terapia si basa essenzialmente sulla somministrazione di farmaci ad azione immunosoppressiva, in particolare di steroidi e ciclofosfamide.

Vene Varicose

Nome con cui sono comunemente indicate le varici degli arti inferiori.